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“LO ZOO DI BERLINO
Il nome rimanda ai plumbei cieli di quando Berlino era divisa da un muro, ma il trio è italiano.
Lo Zoo Di Berlino esprime il proprio gusto post pop rock, avant-garde, attraverso una strumentazione atipica: eliminando completamente le voci e le chitarre, ma miscelando l’elettronica dei moderni apparati per produrre suoni, melodie e percussioni, miste con i suoni “vintage” ma intramontabili, di organo Hammond e piano Fender Rhodes. La voglia di non seguire strade facili e scontate come i grandi Area si sente molto forte in loro, senza disdegnare le lezioni di altri maestri del prog italiano, come Vittorio Nocenzi e  Rodolfo Maltese (a cui volevamo tutti bene, a lui come a Francesco Di Giacomo) del Banco. In tutt’altro contesto, storico, geografico ed estetico, non mancano però di ricordare anche i Tuxedomoon(mantenendo però la coerenza con il meno facile dei gruppi new wave anni ’80), tramite un basso elettrico di Diego Pettinelli, assolutamente al centro di un contesto musicale che, se non intellettualmente decadente, (o decadentemente intellettuale), come quello dello storico gruppo di San Francisco, ci si avvicina non poco.”

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